Visita a Grand-Hornu: viaggio nella storia mineraria del Belgio Vallone
Aggiornato il 28 Maggio 2022 da Sara
Da simbolo dell’industria del carbone e laboratorio tecnologico a Centro di Innovazione e Design, durante la nostra visita a Grand-Hornu, coi suoi 300 anni di storia, avremo molto da raccontare.
CONTENUTI DELL'ARTICOLO
Visita a Grand-Hornu: di cosa si tratta
Il complesso del Grand-Hornu è un sito minerario concepito per l’estrazione del carbone.
Inserito nel 2012 nella lista dei Patrimoni Mondiali dell’umanità, fa parte, insieme a Bois-du-Luc, Bois du Cazier e Blegny-Mine, dei maggiori siti minerari della Vallonia.
Fra le sue particolarità, il fatto di comprendere al suo interno una delle più antiche cité operaie del mondo.
Si tratta di un esempio unico di urbanismo funzionale sul continente europeo all’inizio della Rivoluzione Industriale.
Vediamo insieme dove si trova, la sua storia e le informazioni utili per la visita.
Visita a Grand-Hornu: dove si trova
Il complesso del Grand-Hornu si trova a pochi chilometri da Mons, nella regione belga dell’Hainaut, in un’area chiamata Borinage, culla del carbone.
Visita a Grand-Hornu: come arrivare
Treno
Le stazioni ferroviarie più vicine sono quelle di Mons e Saint-Ghislain.
Mons è servita da treni veloci da ogni parte del Belgio, con treni diretti in 50 minuti da Bruxelles-Midi, 30 minuti da Charleroi, 40 minuti da Tournai.
Saint-Ghislain, poco distante, è invece servita dai treni regionali.
Scaricando la comodissima App SNCB potrete vedere tutti gli orari dei treni e acquistare direttamente i biglietti. La app aggiorna anche su eventuali ritardi, interruzioni e lavori in corso.
Bus
Dalla stazione di Mons è possibile prendere i bus della compagnia TEC, linea 7 direzione Quiévrain e linea 9 direzione Dour, che hanno il capolinea proprio alla stazione, percorrenza di 25 minuti circa, oppure un taxi.
Sul sito ufficiale TEC trovate l’itinerario e gli orari di passaggio. La fermata si chiama HORNU Grand Hornu.
Dalla stazione di Saint-Ghislain dovete prendere sempre il bus TEC linea 7, ma nella direzione opposta, direzione Mons, arriva a Grand Hornu in neanche 10 minuti di strada.
Auto
L’auto è sicuramente il mezzo più comodo per visitare la zona. Potrete esplorare anche i dintorni. Mons si trova vicino ai principali snodi autostradali, è ben indicata.
Potete usare Google Maps con la connessione dati valida in Europa, oppure dall’autostrada E19 Bruxelles-Paris prendete l’uscita 25 Saint-Ghislain-Tertre-Hornu rimanendo in direzione Saint-Ghislain, Hornu fino ai cartelli del Grand Hornu.
C’è un ampio parcheggio gratuito di fronte al sito.
Visita a Grand-Hornu: la guida
Il carbone
Il carbone vegetale, o carbon fossile, è un combustibile fossile la cui formazione risale al periodo carbonifero, quando delle particolari condizioni chimiche, come l’assenza di funghi e batteri, pressioni elevate e l’assenza di ossigeno determinarono la trasformazione di piante e alberi in carbone.
Premessa
Testimonianze indicano che l’estrazione del carbone in questa regione del Belgio ebbe inizio già nel Medio Evo.
Si contavano numerosi bacini minerari su una linea est-ovest da Mons a Liège passando da La Louvière e Charleroi. Il più antico era quello di Liège, rimasto in attività fino al 1980.
A quel tempo non era necessario scavare, data la ricchezza della zona, bastava grattare la superficie dei campi per ottenere il carbone.
Erano soprattutto i contadini a dedicarsi a questa attività per arrotondare le loro entrate.
Col tempo però il carbone superficiale iniziò a scarseggiare e si cominciò a scavare nella terra con degli argani in legno. Da qui a farne una vera attività industriale il passo era breve.
Il Borinage fra i maggiori produttori di carbone
Con l’inizio della Rivoluzione Industriale, la sempre crescente domanda di questo combustibile determinò un forte aumento della sua produzione.
Già nel 1700 il carbone estratto veniva trasportato per via fluviale verso la Francia e le Fiandre.
Nel 1730 nel Borinage c’erano già 110 pozzi attivi e il Borinage da solo soddisfava il 75% delle necessità francesi di carbone.
I terril
La campagna del Borinage è disseminata di montagnette qua e là, i cosiddetti terril: alcuni si sono ricoperti di vegetazione mentre altri sono rimasti spogli, ma non sono altro che la terra estratta dal sottosuolo.
Quando ero piccola mio nonno mi portava spesso a “scalare” il terril di fronte a casa a Colfontaine: era uno dei più alti e rigogliosi e dall’alto si vedevano tutti i paesi dei dintorni.
La salita era a volte molto ripida ma era uno di quei momenti con mio nonno che ricordo con gioia: lui col suo bastone mi indicava paese per paese tutti i dintorni di Colfontaine. Le case da lassù erano tanto piccole!
Poi era affascinante sapere di essere saliti sulla terra estratta dal sottosuolo. Mi immaginavo tutte le lunghissime gallerie che dovevano esserci sottoterra e mi chiedevo come le case non sprofondassero. Beh, qualche volta è capitato!
Ovviamente non ci sono sentieri segnati per salire sui terril ma se volete fare un’esperienza diversa potete provare.
Il Grand-Hornu e Henri De Gorge
Nel 1778 nella zona viene scavato il primo pozzo per l’estrazione del carbone e nel 1810 Henri De Gorge, un industriale francese, rileva la miniera.
Ritenuto un visionario e un innovatore, Henri inizierà un processo di modernizzazione delle tecniche minerarie di estrazione e trasporto. Sotto la sua guida il Grand-Hornu passerà da 10 tonnellate di carbone l’anno a ben 120 tonnellate in meno di 10 anni.
L’intero complesso fu fatto costruire proprio da Henri De Gorge, compresa la cité modello da 440 case per i minatori, una novità per quei tempi.
Sul pavimento dell’ingresso c’è un’incisione che rappresenta la pianta del sito minerario.
Gli edifici del Grand-Hornu
La visita inizia dal primo cortile a pianta quadrata.
L’edificio di destra, che ora ospita il CID, era la Lampisteria, ovvero dove i minatori prendevano le lampade per scendere in miniera.
Attraversando una tripla arcata si arriva in uno spazio di forma ovale, al centro la sua statua.
Sul lato destro, una facciata neoclassica che ospitava gli uffici amministrativi, sul lato sinistro un edificio parzialmente restaurato che serviva come fabbrica.
Sì, perché proprio qui, in questi edifici, gli ingegneri di Henri mettevano a punto le macchine a vapore necessarie per la miniera.
Henri, infatti, non era soddisfatto delle macchine in commercio, e le fece appositamente modificare e migliorare.
Ad esempio la pompa a fuoco per eliminare l’acqua dalle miniere, oppure la macchina a vapore di Watt.
In queste fabbriche vennero fabbricate gru, turbine, caldaie, sistemi di pompaggio, macchine a vapore di ogni tipo e, cosa importante, binari.
La ferrovia per usi industriali
Henri De Gorge è considerato il pioniere della ferrovia ad uso industriale.
Già dal 1822 vengono installati dei binari nelle gallerie delle miniere per facilitare la risalita del materiale.
A lui si deve anche la costruzione della prima ferrovia del Belgio, dalla miniera al canale Mons-Condé, che un tempo veniva usato per trasportare il carbone verso la Francia attraverso i fiumi Schelda e Somme.
Venivano usati i cavalli per trainare i vagoni sui binari, ma questo provocò una rivolta da parte dei carrettieri, che culminò nell’invasione del Grand-Hornu e della casa di De Gorge da parte dei rivoltosi.
Dal cavallo alla macchina a vapore come locomotiva il passo è breve: nel 1850 entreranno in funzione le prime.
La morte prematura di Henri
Henri muore nel 1832 per un’epidemia di colera, ma il tutto viene rilevato dalla sua vedova e da un nipote, che portano avanti il suo lavoro secondo la sua visione.
Henri e una decina di componenti della sua famiglia riposano nella cripta sotto al Mausoleo, fuori dalla piazza ovale.
La cité modello
Nonostante la morte di Henri, nel 1840 viene portata a termine la colonia industriale da lui ideata. I terreni da lui rilevati attorno al Grand-Hornu diventano una cittadella per alloggiare i minatori.
I minatori vivevano infatti in condizioni miserabili, il loro lavoro era terribile e spesso se ne andavano lasciando Henri nella necessità di assumere nuovi operai.
Henri ha una delle prime menti capitalistiche, pensa a un circolo economico chiuso, che da un lato è vantaggioso per lui, dall’altro offre benessere ai suoi operai, condizioni di vita impensabili altrove, incoraggiandoli a rimanere da lui.
Il villaggio residenziale che costruisce, tuttora abitato, comprendeva i negozi di generi alimentari e non, sempre di sua proprietà, nei quali i minatori spendevano i soldi guadagnati: macelleria, panettiere, vestiti, lavatoi e bagni, tutto a loro disposizione, persino una biblioteca.
Le 440 case costruite, tutte in mattoni rivestite di intonaco giallino, potevano ospitare da 6 a 10 persone, venivano affittate settimanalmente al prezzo di una giornata di lavoro e offrivano comfort allora sconosciuti dalla categoria.
Le casette della cité, tutte attorno al Grand Hornu:
Addirittura l’occupazione della cité è determinata dall’inquadramento lavorativo: le case ad angolo e centrali, nei punti strategici, sono più grandi, riservate ai capi squadra, incaricati di sorvegliare gli operai.
Le condizioni di vita dei minatori
Una parte del racconto è dedicata ai minatori: costretti fin da bambini a lavorare 16 ore al giorno per 6 giorni a settimana.
Si nutrivano di patate, pane di segale, carne di maiale, il tutto annaffiato di acquavite.
All’uscita dalla miniera, neri come il carbone, dovevano lavarsi molto bene per toglierne ogni residuo, altrimenti avrebbero potuto contrarre varie malattie.
La più grave e impossibile da evitare era, ed è tuttora, la silicosi, una malattia polmonare, causata semplicemente dall’inalazione di polvere di biossido di silicio, naturalmente contenuto nel carbone e in altri minerali. Anche mio nonno ne soffriva, contratta molto giovane.
Tragedie minerarie
Se desiderate approfondire la questione sulle condizioni di vita dei minatori, apprezzerete sicuramente la visita al Bois du Cazier, appena fuori Marcinelle, a soli 50 chilometri da qui.
Il Bois du Cazier è tristemente noto per una delle più grandi tragedie minerarie della storia, quella del 1956 con 262 morti, soprattutto italiani.
L’accordo italo-belga
Sì perché i belgi del dopoguerra non volevano più lavorare in miniera.
La scarsità di manodopera fu il motivo per cui fra Italia e Belgio fu stretto un accordo: l’Italia doveva fornire al Belgio 2 000 persone a settimana in cambio di 200 chilogrammi di carbone al giorno per ognuno di essi.
Solo nel periodo fra il 1946 e il 1956, a seguito di varie compagne pubblicitarie che decantavano condizioni di vita migliori e vantaggi, si stima che quasi 500 000 italiani andarono a lavorare nelle miniere di carbone del Borinage.
Stiamo parlando di ben il 20% della popolazione del Belgio, che era di 8 milioni di abitanti.
Gli italiani in Belgio
Le condizioni di vita di questi immigrati erano durissime, vivevano in baracche. La discriminazione e il razzismo, almeno fino al 1956, erano altissimi.
Alla fine degli anni 70 vivevano in Belgio ben 300 000 italiani, ora ben integrati nel tessuto sociale del paese e attualmente la prima comunità straniera nel paese per numero di abitanti.
Comunemente si dice:
“La comunità italiana del Belgio ha pagato con il sangue il prezzo del suo riconoscimento”
Nulla di più vero.
La mia storia
Sia mio nonno che il mio bisnonno materni hanno lavorato a Marcinelle e in altre miniere del Belgio fino alla loro pensione, quindi so cosa hanno passato, le difficoltà, le privazioni, i sacrifici, ma visto dall’esterno è diverso.
Il Belgio ha poi offerto a loro e alle loro figlie un futuro migliore, e quindi loro sono rimasti lì tutta la vita, sistemando a mano a mano la loro casa di minatori fino a riuscire con sacrificio ad ottenere un certo benessere.
Questa visita non ha potuto non commuovermi e scuotermi nel profondo. Fino ad ora non avevo mai avuto la forza di approfondire questi aspetti riguardanti la storia della mia famiglia, il nostro passato.
Lo step più duro è sicuramente le Bois-du-Cazier, dove davvero si entra in miniera e si può sentire cosa provavano questi minatori.
Arrivati qui con la promessa di un futuro migliore: promessa non sempre realizzata, visto che molti non ce l’hanno fatta a continuare e sono poi tornati nelle loro terre di origine.
Visita a Grand-Hornu: cos’è oggi
Dopo la fine delle attività minerarie nel 1954 e l’abbandono del sito per i successivi 17 anni, Grand-Hornu viene salvato dall’abbattimento dall’architetto Henri Guchez, che lo acquista nel 1971 e ne inizia il restauro.
Riacquistato dalla provincia dell’Hainaut, dal 1984 inizia ad ospitare mostre ed esposizioni finchè nel 2002 diventa la nuova sede del MAC, il Museo di Arte Contemporanea e nel 2014 la nuova sede del CID, Centro di Innovazione e Design.
Oltre a mantenere la propria memoria storica, il Grand-Hornu si propone ora come uno spazio privilegiato in cui esporre le ultime tecnologiche e innovazioni, promuovere il design contemporaneo, le arti applicate e l’architettura.
Sempre nuove mostre ed esposizioni animano il sito, consultate il sito web per conoscere le ultime novità.
Visita a Grand-Hornu: informazioni utili
Maggiori informazioni sul Grand-Hornu le trovate sul sito internet www.grand-hornu.be.
Aperto dal martedì alla domenica con orario 10-18.
Il biglietto d’ingresso riguarda le mostre/musei all’interno del Grand Hornu: CID e MAC.
Sono previste anche delle visite guidate gratuite in orari particolari, al di fuori delle quali dovete prenotarle.
La 1° domenica del mese l’ingresso è gratuito.
Visita del sito minerario
Se siete interessati solo alla visita del sito minerario, senza entrare negli edifici, l’ingresso è gratuito.
Vi consigliamo di noleggiare l’audioguida, disponibile in varie lingue, grazie alla quale il sito è la sua storia mineraria prenderanno vita e vi immergeranno nell’atmosfera di quel tempo.
L’audioguida non risulta noiosa perché la narrazione avviene sotto 2 diversi punti di vista: quello del proprietario, Henry De Gorge e quello del suo avvocato, meno disincantato e più realista sulle reali condizioni di vita dei minatori, ma mantenendo sempre un approccio abbastanza ludico.
Servizi aggiuntivi
Nell’edificio della biglietteria sono inoltre a disposizione più di 9 000 volumi sulle arti, il design, l’architettura e l’archeologia industriale, oltre a un ristorante/caffetteria.
Grand Hornu fa parte di un itinerario ciclabile.
Vedi anche: Fare cicloturismo in Belgio: il RAVEL
Quando ho visitato la Grand Hornu ne sono rimasta subito affascinata. Io amo particolarmente luoghi così, ai quali viene data una nuova vita. Si tratta di un luogo davvero significativo, anche pensando ai tanti Italiani emigrati lì.
Ciao Giovy, che piacere che tu abbia visitato il Grand-Hornu! A volte non si pensa a quanti immigrati italiani abbiano varcato le sue porte, alla ricerca di una nuova vita.
Anche io ho visitato Grand Hornù, giusto la scorsa estate. E’ stata una giornata intensa e molto interessante, soprattutto per il fatto che abito vicino Crespi d’Adda e le similitudini tra queste due città-fabbriche erano molto simili anche se l’esperienza belga è stata meno positiva di quella italiana.
Comunque il sito è tenuto molto bene e il MAC è bellissimo.
Non conoscevo la storia di Crespi d’Adda, mi documenterò sicuramente. Grazie per lo spunto!